MERCI / In Europa crollano gli investimenti nelle infrastrutture

Venerdí, 27 settembre 2013

In Europa gli investimenti pubblici nelle infrastrutture di trasporto sono in caduta libera a partire dalle fine degli anni Settanta.
Nel 1975 gli investimenti per le reti terrestri di trasporto erano pari all'1,5% del prodotto nazionale lordo comunitario. Nel 2008 tale valore era praticamente dimezzato, con una incidenza pari a poco meno dello 0,8%. Nel 2013, per la prima volta, la Cina spenderà per la manutenzione e lo sviluppo delle strade una cifra superiore a quella della somma dei Paesi comunitari.
Negli anni della recessione, l'Europa non ha fatto leva sugli investimenti nelle reti della mobilità per rilanciare l'economia. Non sempre il blocco degli investimenti infrastrutturali nelle grandi opere è un male di per se', perché spesso è accaduto nel passato che la individuazione di tali progetti sia stata effettuata, non solo in Italia, senza disporre di quella piattaforma di elementi conoscitivi sulle caratteristiche mutevoli della domanda di trasporto che potrebbero condurre a migliori scelte di investimento nelle reti.
In questo senso si esprime il recente documento dell'International Transport Forum, "Understanding the value of transport infrastrutture", nel quale si sottolinea che c'è ancora molto da fare per armonizzare le basi di dati e per disporre di elementi informativi adeguati a supportare con correttezza un processo decisionale consapevole sugli investimenti infrastrutturali.
Quello che è più grave in questa scelta non è tanto la mancanza di nuovi progetti per l"aumento della capacità delle infrastrutture comunitarie, quanto una riduzione che si è determinata anche nelle risorse per il mantenimento in efficienza delle reti; tale scelta ha condotto ad un degrado della qualità delle reti esistenti, con effetti sulla congestione e sulla incidentalità.
Ed è anche grave che non si siano operate quelle scelte di cucitura tra le diverse reti e tra i diversi servizi di trasporto per favorire la costruzione di una intermodalità su scala europea, che costituisce una sfida determinante per trasformare nel profondo le abitudini di consumo della mobilità, nel settore delle merci ed in quello dei passeggeri.
In un mondo che è sempre più integrato ed interconnesso, i nodi ed i sistemi devono trovare piattaforme comuni capaci di superare le barriere di sistemi di mobilità che sono stati concepiti in logica nazionale, e secondo schemi di carattere mono-modale.
Su questo doppio profilo, che ereditiamo dal passato e che corrisponde ad una concezione antitetica rispetto alla integrazione europea ed alle caratteristiche emergenti della domanda di trasporto, c'è ancora molto lavoro di pianificazione e di ingegnerizzazione da compiere.
Il cuore della sfida sta nelle città e nei porti. Nel recente libro di Ayesha e Parag Khanna,L'età ibrida. Il potere della tecnologia nella competizione globale, Codice Edizioni 2013, si mette al centro della sfida dei prossimi decenni la co-evoluzione tra fattore umano e fattore tecnologico, che trova il suo campo di applicazione nelle città, ed il terreno principale di trasformazioni nell'incrocio tra trasporti e telecomunicazioni.
Se questi due settori sono stati la matrice del cambiamento che ha favorito la globalizzazione nei passati decenni, essi saranno la matrice delle trasformazioni nell'ambiente metropolitano, che rappresenterà il terreno di confronto competitivo primario dei prossimi decenni su scala mondiale.
I porti, per parte loro, costituiscono la porta d'accesso e di egresso dell'Europa rispetto al mondo; sinora su scala comunitaria si è determinata più una competizione distruttiva tra Norther Range e Mediterraneo per catturare flussi di merce. Non siamo stati finora in grado di proporre al mondo una visione ed una prospettiva europea, per creare una visione sinergica ed integrata del rapporto tra flussi marittimi e trasporti terrestri. (fonte cnafita.it)

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